IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          (Sezione Seconda) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1968 del 2015, proposto da: 
        comune di Moricone, comune di Sezze,  comune  di  Bagnoregio,
comune di Ischia di Castro, comune di Genazzano,  comune  di  Rignano
Flaminio, comune di Magliano Romano, comune  di  Torrice,  comune  di
Carbognano, comune di Sgurgola, comune di  Arpino,  comune  di  Rocca
Priora, comune di Cori, comune di Bassano Romano, comune di  Lariano,
comune di Fondi, comune di  Paliano,  comune  di  Aquino,  comune  di
Piedimonte San Germano, comune di Montelibretti, comune di Capranica,
comune  di  San  Lorenzo  Nuovo,  comune  di  Tessennano,  comune  di
Tuscania, comune di Gavignano, comune di Anguillara  Sabazia,  comune
di Casalvieri, comune di Nazzano, comune di Rocca di Papa, comune  di
San Vito Romano, comune di Posta Fibreno, comune di  Morlupo,  comune
di Castelliri, Anci  Lazio,  comune  di  Olevano  Romano,  comune  di
Priverno, comune  di  Castelnuovo  Cilento,  in  persona  dei  legali
rappesesentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv.  Enrico
Michetti, con domicilio eletto presso il  suo  studio  in  Roma,  Via
Giovanni Nicotera, 29; 
    Contro  Ministero  dell'economia  e  delle   finanze,   Ministero
dell'interno,  Ministero  delle  politiche  agricole   alimentari   e
forestali, Presidenza del Consiglio dei ministri,  Istat  -  Istituto
nazionale di statistica, in persona  dei  legali  rappresentanti  pro
tempore, rappresentati e difesi per  legge  dall'Avvocatura  generale
dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    e con l'intervento di ad adiuvandum: 
    comune  di  Bellegra,  in  persona  del  Sindaco   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.  Emanuele  Riccardi,  con  domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29; 
    comune di Anagni, comune di  Blera,  comune  di  Monte  Compatri,
comune di Palestrina, comune di Fontechiari, in persona  dei  Sindaci
pro tempore, rappresentati e difesi  dall'avv.  Enrico  Michetti  con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera,
29; 
    comune  di  Frascati,  in  persona  del  Sindaco   pro   tempore,
rappresentato e  difeso  dall'avv.  Enrico  Michetti,  con  domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, 29; 
    comune di Anagni, comune di  Farnese,  comune  di  Gallicano  nel
Lazio, comune di Calcata,  comune  di  Genzano  di  Roma,  comune  di
Manziana,  comune  di  Sezze,  comune   di   Sermoneta,   comune   di
Montefiascone, comune di Serrone, comune di Ponzano Romano, comune di
Ferentino, comune di Vejano, comune di Arlena di  Castro,  comune  di
Sant'Oreste, comune di Boville Ernica, comune di Velletri, in persona
dei Sindaci pro tempore,  rappresentati  e  difesi  dall'avv.  Enrico
Michetti, con domicilio eletto presso il  suo  studio  in  Roma,  Via
Giovanni Nicotera, 29; 
    comune di Minervino Murge, in persona del  Sindaco  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.  Tommaso  Di  Gioia,  con  domicilio
eletto  presso  lo  studio  legale  Assumma  in  Roma,  Via  Giovanni
Nicotera, 29; 
    comune  di  Ginosa,  in  persona   del   Sindaco   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Massimiliano Di Cuia, con  domicilio
eletto presso lo Studio legale Placidi in Roma, Via Cosseria, 2; 
    Regione autonoma della Sardegna, in persona  del  Presidente  pro
tempore, rappresentata e difesa  dagli  avvocati  Massimo  Luciani  e
Sandra Trincas, con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  dell'avv.
Massimo Luciani in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9; 
    Marco  Profili,  nella  qualita'  di  legale  rappresentante  del
«Comitato NO Imu Agricola», rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso  gli
stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Giorgia  Meloni,  in  proprio  e   nella   qualita'   di   legale
rappresentante di FDI - AN (Fratelli d'Italia - Alleanza  Nazionale),
nonche' Fabio  Rampelli,  in  proprio  e  nella  qualita'  di  legale
rappresentante del Gruppo Parlamentare FDI - AN (Fratelli d'Italia  -
Alleanza Nazionale), rappresentati e difesi  dagli  avvocati  Liliana
Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso  gli  stessi
in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Confagricoltura  Viterbo  -  Rieti,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso  gli
stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Movimento «I Forconi», in persona del legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati  Liliana  Farronato  e
Stefano Mosillo, con domicilio eletto  presso  gli  stessi  in  Roma,
Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Confagricoltura Sicilia - Federazione Regionale Agricoltori della
Sicilia,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati  Liliana  Farronato  e  Stefano
Mosillo, con domicilio eletto presso gli  stessi  in  Roma,  Piazzale
delle Belle Arti, 1; 
    C.I.A. -  Confederazione  Italiana  Agricoltori  di  Viterbo,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Liliana Farronato e  Stefano  Mosillo,  con  domicilio
eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    A.S.P.A.L.  -  Associazione  Regionale  dei  Produttori  Agricoli
Laziali,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati  Liliana  Farronato  e  Stefano
Mosillo, con domicilio eletto presso gli  stessi  in  Roma,  Piazzale
delle Belle Arti, 1, 
    Giuseppe De Silvestro,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso  gli
stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Elena  Fattori,  in  qualita'  di  Senatore   della   Repubblica,
Massimiliano Bernini, in qualita' di  Deputato  della  Repubblica,  e
Silvia Benedetti, in qualita' di  Deputata  della  Repubblica,  tutti
membri della Commissione agricoltura, rappresentati  e  difesi  dagli
avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo,  con  domicilio  eletto
presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1; 
    Per l'annullamento: 
    dell'elenco Istat denominato elenco dei  comuni  italiani  al  1°
gennaio 2015, espressamente richiamato dal  decreto-legge  n.  4  del
2015 art. 1 lettera a) e b); 
    del decreto-legge 24  gennaio  2015,  n.  4,  avente  ad  oggetto
«misure urgenti in materia di esenzione IMU»; 
    del decreto interministeriale del  28  novembre  2014  avente  ad
oggetto «esenzione dall'IMU prevista per i terreni agricoli ai  sensi
dell'art. 7, comma 1 lettera h) del decreto legislativo n. 504/92»; 
    di ogni altro atto connesso, coordinato, anteriore e conseguente. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale
dello Stato; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Bellegra; 
    Visti gli atti di intervento in giudizio  degli  interventori  ad
adiuvandum; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  4  novembre  2015  il
dott. Roberto Caponigro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
             Ritenuto in fatto e considerato in diritto 
                            quanto segue 
 
    1. L'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, ha stabilito
che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta  municipale
propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'art.  7  del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n 504, si applica: 
    a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non  coltivati,  ubicati
nei comuni classificati totalmente  montani  di  cui  all'elenco  dei
comuni italiani predisposto dall'Istat; 
    b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti
e condotti dai coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori  agricoli
professionali di cui all'art. 1  del  decreto  legislativo  29  marzo
2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati  nei  comuni
classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco Istat. 
    L'Istituto Nazionale di  Statistica  ha  elaborato  l'elenco  dei
comuni italiani sulla cui base gli stessi sono stati classificati  in
tre  categorie:  totalmente  montani;  parzialmente  montani  e   non
montani. 
    Il ricorso e' articolato nei seguenti motivi di impugnativa: 
Violazione dell'art. 32 della legge n. 69  del  2009  in  materia  di
pubblicita' legale. 
    L'Istat non avrebbe attivato alcuna sezione «pubblicita'  legale»
sul proprio sito istituzionale, per cui  l'elenco  impugnato  sarebbe
privo di efficacia legale. 
    Dalla lettura dell'elenco e  della  relativa  classificazione,  i
Comuni ricorrenti sarebbero classificati in maniera non aderente alla
realta' sia fattuale che giuridica  ed  in  violazione  del  criterio
metodologico dichiarato dallo stesso Istat;  l'elenco  Istat  sarebbe
stato  elaborato  senza  una  solida  metodologia,  senza   procedure
statistiche   appropriate,    senza    coerenza,    accuratezza    ed
attendibilita'. 
    L'Istat, in sede di redazione dell'elenco  dei  comuni  italiani,
non avrebbe tenuto in considerazione  le  disposizioni  di  cui  alla
legge regionale n. 9 del 1999, ne' avrebbe considerato l'allegato  in
essa contenuto e relativo proprio ai Comuni definiti come montani ne'
la reale morfologia territoriale. 
    L'Istat avrebbe altresi' violato il principio  sancito  dall'art.
2, lettera e), del Regolamento (CE) n. 223 del  2009  del  Parlamento
europeo e del Consiglio dell'11 marzo 2009 per l'assenza  di  criteri
scientifici nella scelta del metodo e delle procedure  piu'  adeguate
all'individuazione  di  un  elenco  dei  Comuni  italiani   realmente
corrispondente alla realta' sia giuridica che fattuale effettiva. 
Eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  del  decreto-legge  24
gennaio 2015 n. 4 avente ad oggetto «Misure  urgenti  in  materia  di
esenzione IMU» entrato in vigore il 24 gennaio  2015  in  riferimento
agli articoli 3, 23, 47, 97 e 53 Cost. Violazione degli articoli 81 e
119 Cost. 
    Il  decreto-legge  n.  4  del  2015  sarebbe   costituzionalmente
illegittimo per violazione dell'art. 3 Cost. in quanto non sono stati
indicati i criteri discretivi tra comuni montani  e  non,  rimettendo
tale classificazione ad un elenco  dei  comuni  italiani  predisposto
dall'Istat. 
    Dalla lettura dell'elenco Istat si rivelerebbe una disparita'  di
trattamento in quanto, ad esempio, il comune di Bellegra,  situato  a
815  metri  sul  livello  del   mare,   sarebbe   classificato   come
parzialmente montano, stessa classificazione attribuita al comune  di
Cassino, situato a 40 metri sul livello del mare, laddove  il  comune
di  Marcellina,  situato  a  285  metri  sul  livello  del  mare,  e'
classificato come totalmente montano. Nei «Castelli  romani»,  taluni
comuni sarebbero stati classificati come totalmente  montani,  mentre
altri, ubicati ad altezza piu' elevata, sarebbero  classificati  come
parzialmente montani. 
    La diversita' della morfologia territoriale darebbe luogo  a  una
diseguale applicazione della imposizione tributaria, che non terrebbe
conto di situazioni obiettivamente diverse, come si richiede  perche'
sia attuato il principio di uguaglianza. 
    I comuni, anche a non voler ritenere legittimo un affidamento sul
mantenimento  dell'esenzione,  avrebbero   potuto   quantomeno   fare
legittimo  affidamento  sulla  stabilita'  del  regime   fiscale   di
esenzione per l'annualita' 2014, anche in considerazione dei principi
che prevedono comunque che l'imposizione tributaria debba  riguardare
il periodo di imposta successivo alla nuova introduzione. 
    La  norma  in  esame  avrebbe  omesso  di  verificare   l'attuale
capacita' contributiva. 
    La misura a carattere compensativo, intervenendo in un momento in
cui le amministrazioni, in grave crisi di liquidita'  anche  a  causa
del patto di stabilita' interno,  hanno  gia'  definito  gli  impegni
finanziari, aprirebbe anche  a  possibili  scenari  di  dissesto  con
conseguenze devastanti sui servizi pubblici locali. 
    La soppressa esenzione IMU per i terreni in discorso,  andando  a
detrimento  della  proprieta'  fondiaria,  colpirebbe  il   risparmio
investito in proprieta' terriera. 
    L'Esecutivo avrebbe proceduto ad un taglio  lineare  delle  somme
stanziate sul fondo di solidarieta' comunale per un  importo  pari  a
350 milioni di euro, demandando ai comuni il compito di recuperare in
proprio tale  importo  riducendo  il  numero  dei  beneficiari  delle
esenzioni  e  riclassificando  i  comuni  come  totalmente   montani,
parzialmente montani o non  montani;  siffatta  modalita'  causerebbe
ingenti danni ai comuni  andando  ad  incidere  in  modo  diretto  ed
irreversibile  sui  bilanci  gia'  approvati.  In   sede   di   prima
applicazione,  peraltro,  non  risulterebbe  agevole  per  i   comuni
determinare il gettito sia per le difficolta' che si riscontrano  nei
dati catastali sia perche' non vi e' certezza  circa  un  adempimento
spontaneo da parte dei contribuenti. 
    In definitiva, sarebbe irrazionale disporre una compensazione tra
le assegnazioni di cui al fondo di solidarieta', entrate  certe,  con
crediti incerti sia nell'an che nel quantum. 
Violazione del principio di irretroattivita' delle norme; difetto  di
proporzionalita', illegittimita' nella riduzione  delle  assegnazioni
del fondo di solidarieta'; sostituzione di entrate certe con  entrate
future e incerte. Eccesso di potere. Violazione di legge. 
    I tempi sarebbero troppo stringenti per mettere  i  comuni  nelle
condizioni di programmare le entrate, derivanti dal maggiore introito
dell'IMU agricola, che dovrebbero di fatto compensare i  350  milioni
di euro di tagli statali. 
    La vetusta' dei dati catastali non permetterebbe di individuare i
soggetti passivi d'imposta. 
Violazione di  legge,  assoluta  incertezza  dei  criteri  applicati,
irragionevolezza  dell'imposizione  e  disparita'   di   trattamento.
Illegittimita'  derivata  per  illegittimita'  dell'elenco  ISTAT  1°
gennaio  2015.  Difetto   assoluto   di   motivazione.   Difetto   di
istruttoria. Eccesso di potere per sviamento. 
    L'Istat non avrebbe indicato i parametri e i criteri applicati ed
utilizzati per classificare i comuni. 
Violazione del regolamento (CE)  n.  2223/96  del  Consiglio  del  25
giugno 1996  relativo  al  sistema  europeo  dei  conti  nazionali  e
regionali nella Comunita'. 
    Il legislatore italiano, con un  decreto-legge  approvato  il  24
gennaio 2015, pretenderebbe di fissare il pagamento  di  una  imposta
entro il 10 febbraio 2015. 
Violazione  di  legge.  Art.  3  (efficacia  temporale   elle   norme
tributarie) Statuto del contribuente. 
    Le  modifiche  introdotte   avrebbero   effetto   retroattivo   e
porrebbero l'imposizione  a  carico  dei  contribuenti  con  scadenza
fissata  anteriormente  al  sessantesimo  giorno  dall'adozione   del
provvedimento di attuazione. 
Eccesso di potere, violazione  di  legge,  arbitrarieta'.  Violazione
dell'art. 4 dello statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000). 
    I comuni esentati dall'imposta  in  esame  in  quanto  rientranti
nella categoria delle «aree montane o di collina» sarebbe  stati,  in
virtu'  di  un  elenco  Istat   richiamato   dal   decreto-legge   in
contestazione, trasformati in aree agricole. 
Violazione dell'art. 10 dello statuto del contribuente. 
    La  presenza  nell'ordinamento  tributario  dei  principi   della
collaborazione, della buona fede e dell'affidamento (considerati  dal
lato del contribuente), affermati nell'art. 10, commi 1 e 2, legge n.
212  del  2000,  sarebbero  esplicitamente  attuativi   delle   norme
costituzionali  richiamate  dall'art.  1  del  medesimo  statuto  del
contribuente, mentre  una  eventuale  determinazione  del  comune  in
ordine al pagamento  in  breve  termine  dell'IMU  su  terreni  prima
esentati e, a maggior  ragione,  per  l'anno  2014,  paleserebbe  una
violazione di tali principi. 
    L'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  in  via  preliminare,   ha
sollevato le seguenti eccezioni processuali: 
    inammissibilita' del ricorso per  carenza  di  legittimazione  ad
agire di ANCI, avendo l'Associazione agito in carenza di un interesse
proprio ed in assenza di  rappresentanza  di  tutti  i  comuni  della
Regione; 
    inammissibilita'  del  ricorso  collettivo  in  quanto   non   si
riscontrerebbe un interesse univoco  che  accomuna  le  posizioni  di
tutti i ricorrenti.  In  particolare,  non  si  comprenderebbe  quale
interesse al ricorso possa avere un  comune  i  cui  terreni,  esenti
sulla base dei vecchi criteri, continuano ad essere esenti; 
    mancata integrazione del contraddittorio nei confronti  di  tutti
gli  altri  enti  territoriali  tra  i  quali  e'  ripartito  l'onere
determinato dal vincolo di bilancio statale previsto dal comma  5-bis
dell'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012. Nella denegata  ipotesi
di accoglimento del ricorso, infatti, la somma portata  in  riduzione
per  comuni  incisi  dalle  norme  dovrebbe  essere   necessariamente
riversata sugli altri enti locali; 
    inammissibilita'  del  ricorso  in  quanto  l'elenco  dei  comuni
italiani pubblicato sulla pagina web dell'Istat non  potrebbe  essere
configurato come  un  provvedimento  amministrativo  e  comunque  non
sarebbe autonomamente impugnabile, atteso che, oltre ad essere  privo
delle  caratteristiche  e  dei  requisiti  tipici  del  provvedimento
amministrativo, costituirebbe il risultato di una raccolta di dati ed
informazioni, riportati in una tabella per ciascun  comune  italiano,
in virtu' dell'attivita' di cui all'art. 15  decreto  legislativo  n.
322 del 1989; 
    carenza di legittimazione  passiva  dell'Istat  che  non  avrebbe
elaborato  la  classificazione  censurata  ne'  avrebbe  concorso  ad
adottare gli atti impugnati, sicche' dovrebbe essere  estromesso  dal
giudizio; l'Istat, per quanto concerne la classificazione dei  comuni
in montani/parzialmente montani/non montani, si  sarebbe  limitato  a
raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale  informazioni
derivanti da fonti diverse; 
    assenza di qualunque doglianza volta a contestare  presunti  vizi
di legittimita' del decreto ministeriale 28 novembre 2014; 
    inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse  in  quanto
il ricorso sarebbe principalmente rivolto avverso un atto ex  se  non
impugnabile  e  privo  dei  presupposti  tipici   del   provvedimento
amministrativo ed in quanto, inoltre, non si  evincerebbe  che  parte
ricorrente  abbia  subito  un  pregiudizio   diretto   ed   immediato
dall'elenco impugnato; 
    inammissibilita' della richiesta di rimessione della questione di
legittimita' costituzionale del decreto-legge n. 4 del  2015,  atteso
che  la  proposizione,  in  via  incidentale,  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  di  una  norma  sarebbe  da   ritenersi
ammissibile  solo   quando   il   ricorrente   abbia   impugnato   il
provvedimento amministrativo facendo valere, mediante la formulazione
di censure, la sua illegittimita' per contrasto con la norma. 
    Nel merito, ha contestato la  fondatezza  delle  censure  dedotte
concludendo per il rigetto del ricorso. 
    I ricorrenti hanno depositato  altre  memorie  a  sostegno  delle
proprie ragioni. 
    Numerosi enti  territoriali  sono  intervenuti  nel  giudizio  ad
adiuvandum delle ragioni espresse dai Comuni ricorrenti. 
    La Regione autonoma  della  Sardegna,  intervenuta  anch'essa  ad
adiuvandum, ha rappresentato che, con  atto  notificato  in  data  22
maggio 2015, ha impugnato innanzi la Corte  costituzionale  l'art.  1
decreto-legge n. 4 del 2015, come convertito in legge n. 34 del 2015. 
    2.  Con  sentenza  4  agosto  2015,  n.  10630,  questa  Sezione,
riservata al definitivo  ogni  ulteriore  statuizione  in  rito,  nel
merito e sulle spese, ha cosi' provveduto sul ricorso in epigrafe: 
    ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da ANCI Lazio; 
    ha  respinto  l'eccezione  di  inammissibilita'  dell'azione   di
annullamento  proposta   avverso   l'elenco   dei   comuni   italiani
predisposto dall'Istat; 
    ha  respinto  la  richiesta   di   estromissione   dal   giudizio
dell'Istat; 
    ha dichiarato inammissibile l'azione di annullamento del  decreto
interministeriale del 28 novembre 2014; 
    ha dichiarato inammissibili le censure con cui e' stata  proposta
la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,
decreto-legge n. 1 del 2015 e  la  relativa  azione  di  annullamento
della norma di legge; 
    ha disposto che la parte ricorrente depositi in  giudizio,  entro
trenta  giorni  dalla   comunicazione   in   via   amministrativa   o
notificazione, se  anteriore,  della  sentenza  non  definitiva,  una
tabella  indicante  la  classificazione  di   ogni   singolo   Comune
ricorrente, ai fini dell'applicazione dell'IMU agricola, prima  della
emanazione  del  decreto-legge  n.  66  del   2014   ed   a   seguito
dell'emanazione del decreto-legge n. 1 del 2015; 
    ha disposto che le amministrazioni  resistenti  depositino  entro
trenta  giorni  dalla   comunicazione   in   via   amministrativa   o
notificazione,  se  anteriore,  della  sentenza  non  definitiva  una
dettagliata relazione al  fine  di  chiarire,  a  prescindere  ed  in
aggiunta a quanto gia' rappresentato circa  le  pregresse  competenze
della Commissione censuaria centrale e dell'UNCEM, quali  sono  stati
in concreto i criteri in base ai quali la  classificazione  e'  stata
effettuata e, quindi, e' stato  predisposto  l'impugnato  elenco  dei
comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei
Comuni ricorrenti. 
    Il percorso  motivazionale  della  detta  sentenza  e'  stato  il
seguente: 
        «2. Il Collegio ritiene opportuno  premettere  una  sintetica
descrizione del quadro normativo in materia. 
    L'art. 2 del decreto del 28 novembre 2014, adottato dal  Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  delle
politiche  agricole  alimentari  e  forestali  e  con   il   Ministro
dell'Interno, ha stabilito che sono  esenti  dall'imposta  municipale
propria, ai sensi dell'art.  7,  comma  1,  lettera  h,  del  decreto
legislativo n. 504 del 1992: 
    i terreni agricoli dei comuni  ubicati  a  un'altitudine  di  601
metri e oltre, individuati sulla base  dell'Elenco  comuni  italiani,
pubblicato sul sito internet dell'Istat, tenendo  conto  dell'altezza
riportata nella colonna «Altitudine del centro (metri)»; 
    i  terreni  agricoli   posseduti   da   coltivatori   diretti   e
imprenditori agricoli professionali di cui  all'art.  1  del  decreto
legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza  agricola,  dei
comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri  e  600  metri,
individuati sulla base dell'Elenco comuni  italiani,  pubblicato  sul
sito internet dell'Istat, tenendo conto dell'altezza riportata  nella
colonna «Altitudine del centro (metri)», 
    i terreni di cui al precedente alinea  nel  caso  di  concessione
degli stessi in  comodato  o  in  affitto  a  coltivatori  diretti  e
imprenditori agricoli professionali di cui  all'art.  1  del  decreto
legislativo n. 99 del 2004 iscritti nella previdenza agricola. 
    Il decreto e' stato adottato visto, tra l'altro, l'art. 4,  comma
5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2002, convertito dalla legge n. 44
del 2012, come modificato dal comma 2 dell'art. 22 del  decreto-legge
n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89  del
2014, in base al quale, con decreto di natura non regolamentare, sono
individuati i comuni nei quali,  a  decorrere  dall'anno  di  imposta
2014, si applica l'esenzione di cui  alla  lettera  h)  del  comma  1
dell'art. 7 del decreto legislativo  n.  504  del  1992,  sulla  base
dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto
dall'Istat,  diversificando  tra  terreni  posseduti  da  coltivatori
diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'art.  1  del
decreto  legislativo  n.  99  del  2004,  iscritti  nella  previdenza
agricola e gli altri terreni. 
    Nelle premesse, il decreto interministeriale del 28 novembre 2014
ha altresi' fatto riferimento al medesimo comma 5-bis dell'art. 4 del
decreto-legge n. 16 del 2012 in base al quale, dalle disposizioni  di
cui allo  stesso  comma  5-bis,  deve  derivare  un  maggior  gettito
complessivo annuo non inferiore a 350 milioni  di  euro  a  decorrere
dall'anno 2014 ed in base al quale il recupero del  maggior  gettito,
come risultante  per  ciascun  comune  a  seguito  dell'adozione  del
decreto e' operato con la procedura prevista  dai  commi  128  e  129
dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 (per i comuni delle Regioni a
statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna),  vale  a  dire
mediante decurtazione alle assegnazioni finanziarie stanziate in loro
favore dall'apposito fondo di solidarieta' comunale. 
    L'art. 1, comma 6, del  decreto-legge  24  gennaio  2015,  n.  4,
convertito dalla legge n. 34 del 24 marzo 2015, ha abrogato il  comma
5-bis dell'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012. 
    Il primo comma dello stesso art. 1 ha previsto che,  a  decorrere
dall'anno 2015, l'esenzione  dall'imposta  municipale  propria  (IMU)
prevista dalla lettera  h)  del  comma  1  dell'art.  7  del  decreto
legislativo n. 504 del 1992, si applica: 
    a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non  coltivati,  ubicati
nei comuni classificati totalmente  montani  di  cui  all'elenco  dei
comuni italiani predisposto dall'Istat; 
    a.bis) ai terreni  agricoli,  nonche'  a  quelli  non  coltivati,
ubicati nei comuni delle isole minori di  cui  all'allegato  A  della
legge n. 448 del 2001; 
    b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti
e condotti dai coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori  agricoli
professionali di cui all'art. 1 del decreto  legislativo  n.  99  del
2004,  iscritti  nella  previdenza  agricola,  ubicati   nei   comuni
classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco Istat. 
    I criteri de quibus, ai sensi del terzo comma del detto  art.  1,
si applicano anche all'anno di imposta 2014, per il quale,  ai  sensi
del quarto comma, non e' comunque dovuta l'IMU per i  terreni  esenti
in virtu' del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,  di
concerto, con  i  Ministri  delle  politiche  agricole  alimentari  e
forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014. 
    Per quanto maggiormente interessa in questa sede, giova  rilevare
inoltre che: 
    ai sensi del comma 7 dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015,
a decorrere dall'anno 2015, le  variazioni  compensative  di  risorse
conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2,
sono operate nelle misure riportate nell'allegato A al provvedimento,
per i comuni delle  Regioni  a  statuto  ordinario  e  delle  Regioni
Sicilia e Sardegna, nell'ambito del fondo di solidarieta' comunale  e
con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge
n. 228 del 2012 e, per i comuni del Friuli  Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta, in  sede  di  attuazione  del  comma  17  dell'art.  13  del
decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 214 del 2011; 
    ai sensi del comma 9-quinquies, al fine  di  assicurare  la  piu'
precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di  cui
agli allegati A,  B  e  C  al  decreto,  fermo  restando  l'ammontare
complessivo delle  suddette  variazioni,  pari,  complessivamente,  a
230.691.885,23 euro per l'anno 2014 e 268.652.847,44 euro per  l'anno
2015, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base  di  una
metodologia  condivisa  con  l'Associazione  nazionale   dei   comuni
italiani (ANCI) e  adottata  sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  e
autonomie locali, provvede, entro il 30 giugno  2015,  alla  verifica
del gettito per l'anno 2014, derivante dalle disposizioni di cui allo
stesso art. 1, sulla base anche dell'andamento del gettito effettivo. 
    Ne consegue che - con l'espressa abrogazione dell'art.  4,  comma
5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, in attuazione del  quale  e'
stato adottato il decreto del 28 novembre 2014 - costituisce un  dato
inconfutabile che i criteri per l'esenzione dall'IMU  agricola,  allo
stato, sono stabiliti esclusivamente dalle norme sopravvenute, di cui
all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015. 
    3. Il thema  decidendum  del  ricorso  e'  duplice  in  quanto  i
ricorrenti, da  un  lato,  impugnano  l'elenco  dei  comuni  italiani
predisposto dall'Istat ai sensi dell'art. 1 decreto-legge  n.  4  del
2015, dall'altro, contestano, in generale, il nuovo sistema normativo
con cui e' disciplinata l'imposizione tributaria in  materia  di  IMU
agricola dall'art. 1 decreto-legge n. 4 del 2015. 
    L'interesse  che  muove  i  Comuni  ricorrenti   all'impugnazione
dell'elenco Istat denominato  elenco  dei  comuni  italiani  al  1  °
gennaio  2015  ed  alla  contestazione  delle   norme   di   cui   al
decreto-legge n. 4 del 2015, sebbene gli stessi non  abbiano  fornito
alcuna precisazione al riguardo, potrebbe  essere  individuato  nella
volonta' degli enti locali di conservare lo status quo ante,  vale  a
dire di non subire  i  «tagli»  al  fondo  di  solidarieta'  comunale
derivanti dal venire meno  dell'esenzione  dall'IMU  agricola  per  i
terreni ricadenti nel proprio territorio, e,  quindi,  di  opporsi  a
tale decisione del Governo centrale,  atteso  che  la  riduzione  dei
terreni esentati dal pagamento dall'IMU agricola e' volta proprio  ad
aumentare il gettito fiscale in favore dei  comuni,  a  compensazione
delle decurtazioni nell'ambito del fondo  di  solidarieta'  comunale.
L'ammontare complessivo delle  variazioni  per  effetto  del  maggior
gettito  derivante  dalla  riduzione  delle  esenzioni  dall'imposta,
peraltro, e' stato ridotto da euro 350.000.000,00 a partire dal  2014
(importo  previsto  nel  decreto-legge  n.  66  del  2014)  ad   euro
230.691.885,33 per il 2014 e  ad  euro  268.652.847,44  per  il  2015
(importi previsti nel decreto-legge n. 4 del 2015). 
    Diversamente, infatti, il ricorso  si  rivelerebbe  inammissibile
per carenza di interesse in quanto l'ente territoriale, in  astratto,
avrebbe  un  evidente  interesse  ad  ottenere  un  maggior   gettito
derivante  dall'assoggettamento  ad  IMU  di  terreni   agricoli   in
precedenza esclusi, sicche' il reale interesse,  come  detto,  sembra
individuabile - sempre che effettivamente sia questa la posizione dei
Comuni ricorrenti, vale a dire esentati con il precedente  regime  ed
assoggettati in base al nuovo regime - nel mantenimento dello  status
quo ante, vale a dire nella conservazione dell'esenzione dall'imposta
al fine di evitare i tagli al  fondo  di  solidarieta'  comunale  che
l'estensione  dell'imposta  con  il   conseguente   maggior   gettito
comporta. 
    Il Collegio deve rappresentare altresi' che la decisione  operata
dal Governo centrale di operare decurtazioni al fondo di solidarieta'
comunale costituisce un atto politico, che attiene  ai  rapporti  tra
Governo centrale e Governi territoriali, non assoggettato, in  quanto
tale, al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo. 
    Va da se', allora, che l'interesse al  ricorso  non  puo'  essere
fatto discendere  dall'interesse  dei  ricorrenti  a  non  subire  le
decurtazioni al fondo di solidarieta' comunale in quanto tale  scelta
si configura come una decisione espressione di volonta' politica,  il
cui eventuale sindacato sarebbe del tutto esorbitante dai  limiti  di
questa giurisdizione. 
    Di contro, l'interesse qualificato e differenziato  in  grado  di
rendere ammissibile il ricorso appare costituito dall'aspirazione  al
mantenimento dello status quo ante,  attraverso  l'inclusione  tra  i
comuni esenti, che eviterebbe  di  sostituire  ad  un'entrata  certa,
quale quella derivante  dal  finanziamento  a  carico  del  fondo  di
solidarieta'  comunale,  un'entrata  presunta  e  piu'  difficile  da
realizzare immediatamente e per intero, oltre che piu' onerosa per  i
proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non
piu' esentati dal pagamento dell'imposta, quale il gettito  derivante
dal pagamento dell'IMU agricola. 
    Ne consegue che l'interesse sotteso alle censure rivolte  avverso
l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat  deve  intendersi
finalizzato a ottenere l'inclusione di ogni comune ricorrente  tra  i
comuni totalmente montani  o,  eventualmente,  parzialmente  montani,
mentre non e'  percepibile  quale  interesse  possa  sussistere  alla
integrale caducazione dell'elenco, atteso che, ad  un  suo  eventuale
travolgimento, non potrebbe in alcun caso seguire il ripristino della
situazione normativa precedente al decreto-legge n. 4 del 2015 ed  al
decreto-legge  n.  66  del  2014,  ma  esclusivamente  l'obbligo   di
procedere ad una nuova predisposizione dello stesso. 
    3.1 Cosi' delineata la cornice fattuale e  giuridica  in  cui  si
inserisce  il  presente  ricorso  con  riferimento   agli   interessi
sostanziali che appaiono perseguiti dai ricorrenti, il  Collegio,  in
via   preliminare,   ritiene    di    accogliere    l'eccezione    di
inammissibilita' del ricorso in quanto proposto  da  ANCI  Lazio  per
carenza di legittimazione ad agire. 
    Gli atti impugnati, infatti, sono destinati  a  produrre  effetti
nei confronti dei proprietari di terreni agricoli ricadenti in Comuni
in precedenza esentati dall'imposizione ed ora, invece,  assoggettati
all'imposizione e, per quanto  in  precedenza  esposto,  dei  singoli
comuni il cui territorio era prima esentato ed ora  e'  totalmente  o
parzialmente incluso nell'ambito di applicazione dell'IMU agricola. 
    Di talche', a prescindere dalla esistenza di previsioni normative
che consentano ad Anci di rappresentare in giudizio gli enti  locali,
l'Associazione dei Comuni del Lazio,  in  quanto  rappresentativa  di
tutti i comuni della Regione, dovrebbe tutelare gli interessi di ogni
singolo comune, laddove, nel caso  di  specie,  e'  da  presumere  la
presenza in ambito regionale sia di comuni che, non esenti ne'  prima
ne' ora, non hanno alcun concreto interesse all'azione sia di  comuni
controinteressati alla presente impugnazione in  quanto  classificati
come  totalmente  montani  e,   quindi,   esentati   dall'imposizione
tributaria in ragione dell'attuale classificazione. 
    3.2 Per  quanto  concerne  l'eccezione  di  inammissibilita'  del
ricorso collettivo, il Collegio ritiene necessario, al fine della sua
delibazione, acquisire una tabella da parte dei Comuni ricorrenti con
l'indicazione, per ciascuno di essi, del regime  impositivo,  vale  a
dire della loro classificazione come esente o meno dall'IMU agricola,
precedente alle modifiche  normative  intervenute  a  far  tempo  dal
decreto-legge n. 66 del  2014,  ed  alla  loro  classificazione  come
comuni  totalmente  montani,  parzialmente  montani  o  non   montani
contenuta nell'elenco Istat di cui all'art. 1 del decreto-legge n.  4
del 2015. 
    3.3 L'eccezione di inammissibilita' dell'impugnazione dell'elenco
dei  Comuni  italiani  pubblicato  sulla  pagina  web   dell'Istituto
Nazionale di Statistica e' da disattendere. 
    In primo luogo,  la  classificazione  del  singolo  comune  quale
totalmente montano,  parzialmente  montano  o  non  montano,  con  la
conseguente esenzione o meno dall'applicazione dell'imposta, discende
dall'elenco in discorso, sicche' lo stesso  ha  certamente  efficacia
provvedimentale e potenzialmente lesiva dei  destinatari  e,  d'altra
parte, se tale atto fosse  ritenuto  non  impugnabile,  non  potrebbe
esservi alcuna tutela per il  comune  (o  per  il  contribuente)  che
ritenga  di  essere  stato  illegittimamente  classificato  come  non
montano, anziche' totalmente o parzialmente montano,  o  parzialmente
montano, anziche' totalmente montano. 
    Per  altro  verso,  il  richiamo  contenuto   nell'art.   1   del
decreto-legge  n.  4  del  2015  all'elenco   dei   comuni   italiani
predisposto dall'Istat costituisce mero rinvio non recettizio  e  non
ha carattere novativo della fonte. 
    Il rinvio recettizio, infatti, opera una  novazione  della  fonte
che eleva la norma richiamata al rango primario, mentre  la  funzione
del rinvio non recettizio non e' quella di incorporare  il  contenuto
della norma richiamata, bensi' di  indicare  la  fonte  competente  a
regolare una determinata materia. 
    La stessa differenza tra rinvio materiale  e  rinvio  formale  e'
stata recepita anche dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha
ulteriormente precisato che l'effetto di  incorporazione  si  produce
soltanto quando la volonta'  del  legislatore  di  recepire  mediante
rinvio sia espressa oppure  sia  desumibile  da  elementi  univoci  e
concludenti, operando  altrimenti,  come  nel  caso  di  specie,  una
presunzione di rinvio formale agli atti  amministrativi  (ex  multis:
Corte costituzionale 7 novembre 2014, n. 250). 
    Va da se' che, avendo natura provvedimentale l'elenco dei  comuni
italiani predisposto dall'Istat, non puo' essere accolta la richiesta
di estromissione dal giudizio dell'Istituto Nazionale  di  Statistica
in quanto anch'esso da qualificare come amministrazione resistente. 
    3.4 L'eccezione di inammissibilita' dell'impugnazione del decreto
interministeriale del 28 novembre 2014, invece, deve essere condivisa
in quanto - rilevato peraltro che con l'entrata in vigore dell'art. 1
del decreto-legge n. 4 del 2015 la relativa  azione  di  annullamento
sarebbe comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di  interesse
- nessuna specifica doglianza e' stata rivolta avverso lo stesso. 
    3.5 L'impugnazione dell'art. 1 del decreto-legge n.  4  del  2015
con la conseguente richiesta di rimessione alla Corte della questione
di legittimita' costituzionale della norma e' inammissibile. 
    La possibilita' che oggetto di  impugnazione  sia  una  norma  di
legge, di regola, va esclusa in radice, a meno  che  non  assuma  una
caratterizzazione particolare a causa del contenuto  e  della  natura
provvedimentale delle norme impugnate, sicche' cio' che  si  presenta
formalmente come un'impugnazione diretta di una legge, e' in  realta'
finalizzata ad estendere la  cognizione  del  giudice  ad  una  norma
sopravvenuta per provocarne l'intervento nei soli termini e limiti in
cui l'ordinamento lo consente, vale a dire sollevare, ricorrendone  i
presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza,  la  questione
di legittimita' costituzionale. 
    La sindacabilita' di una previsione legislativa  che,  in  quanto
volta a  disciplinare  una  concreta  ed  individuabile  fattispecie,
assume  connotazione  sostanzialmente  provvedimentale,  puo'  essere
quindi  soggetta  all'ordinario  sindacato  giurisdizionale  al  fine
dell'eventuale rimessione alla Corte costituzionale  della  questione
di legittimita' costituzionale, che, altrimenti, non potrebbe  essere
affrontata, con conseguente assenza  di  tutela  giurisdizionale  nei
confronti di atti  normativi  concretamente  incidenti  su  posizioni
soggettive individuali e differenziate. 
    Diversamente, al di fuori di questi casi, la proposizione, in via
incidentale, di questioni di legittimita' costituzionale di norme  di
legge innanzi al giudice amministrativo e' ammissibile solo quando il
ricorrente abbia impugnato il provvedimento  applicativo  deducendone
l'illegittimita' in  via  derivata  per  l'incostituzionalita'  della
norma presupposta. 
    Nel caso di specie, i ricorrenti  hanno  impugnato  l'elenco  dei
comuni italiani predisposto dall'Istat  e  la  classificazione  nello
stesso contenuta, ma  non  hanno  impugnato  alcun  atto  applicativo
dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015. 
    Ne  consegue  che  le  censure  volte  a   dedurre   profili   di
illegittimita' costituzionale della detta norma, al fine di  ottenere
la remissione della relativa questione alla Corte costituzionale sono
inammissibili. 
    3.6  L'Istat,  nella   relazione   illustrativa   depositata   in
ottemperanza all'ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 3770  del
5 marzo 2015, ha rappresentato che la classificazione  dei  territori
in  montani  e  parzialmente  montani  e'   stata   formulata   dalla
Commissione  censuaria  centrale  che  operava  presso  il  Ministero
dell'economia e delle finanze negli anni '50, tanto che la  legge  25
luglio  1952,  n.  991,  contenente  «Provvedimenti  in  favore   dei
territori montani» assegnava alla Commissione censuaria  centrale  il
compito di compilare e tenere aggiornato  un  elenco  nel  quale,  in
applicazione dei  criteri  stabiliti  dalla  stessa  legge,  venivano
individuati i territori montani. 
    L'Istat ha tra l'altro soggiunto che, successivamente,  la  legge
n. 142 del 1990 ha abrogato gli articoli 1 e 14 della  legge  n.  991
del 952, eliminando di fatto il  meccanismo  di  classificazione  dei
comuni per «grado di montanita'» da  parte  della  detta  Commissione
censuaria, ma, tuttavia, fino al 2009 l'attivita' di revisione  della
classificazione e' stata comunque svolta dall'UNCEM (Unione Nazionale
Comuni Comunita' Enti Montani), ora confluita nell'ANCI;  nell'ambito
delle attivita' connesse al monitoraggio delle comunita' montane. 
    Ha inoltre posto  in  rilievo  che  soltanto  alcuni  dati  della
tabella fornita sono imputabili all'Istituto. 
    Il Collegio rileva che  tali  indicazioni  appaiono  all'evidenza
insufficienti a chiarire in base a quali criteri  i  comuni  italiani
siano  stati  classificati  come  totalmente  montani,   parzialmente
montani  o  non  montani  nell'elenco  cui  rinvia   l'art.   1   del
decreto-legge n. 4 del 2015, facendo conseguire rilevanti conseguenze
giuridiche in ordine all'imposizione  all'IMU  agricola  dei  terreni
agricoli situati nei vari comuni dello Stato. 
    Pertanto, si rende necessario acquisire una ulteriore dettagliata
relazione redatta in maniera congiunta dall'Istat,  dalla  Presidenza
del Consiglio dei ministri e  dal  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze,  che  potranno   eventualmente   assumere   informazioni   e
documentazione  presso  altre  strutture  pubbliche  interessate   al
procedimento, al fine di chiarire, a prescindere  ed  in  aggiunta  a
quanto  gia'  rappresentato  circa  le  pregresse  competenze   della
Commissione censuaria centrale e  dell'UNCEM,  quali  sono  stati  in
concreto i criteri in base  ai  quali  la  classificazione  e'  stata
effettuata e, quindi, e' stato  predisposto  l'impugnato  elenco  dei
comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei
Comuni ricorrenti. 
    4. In  conclusione,  il  Collegio  -  decidendo  in  maniera  non
definitiva sulla presente controversia  e  riservando  al  definitivo
ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle  spese  -  cosi'
provvede: 
    dichiara inammissibile il ricorso proposto da ANCI Lazio; 
    respinge  l'eccezione   di   inammissibilita'   dell'azione   dia
annullamento  proposta   avverso   l'elenco   dei   comuni   italiani
predisposto dall'Istat; 
    respinge la richiesta di estromissione dal giudizio dell'Istat; 
    dichiara  inammissibile  l'azione  di  annullamento  del  decreto
interministeriale del 28 novembre 2014; 
    dichiara inammissibili le censure con cui e'  stata  proposta  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,
decreto-legge n. 1 del 2015 e  la  relativa  azione  di  annullamento
della norma di legge; 
    dispone che la  parte  ricorrente  depositi  in  giudizio,  entro
trenta  giorni  dalla   comunicazione   in   via   amministrativa   o
notificazione, se anteriore, della presente sentenza non  definitiva,
una tabella indicante  la  classificazione  di  ogni  singolo  Comune
ricorrente, ai fini dell'applicazione dell'IMU agricola, prima  della
emanazione  del  decreto-legge  n.  66  del   2014   ed   a   seguito
dell'emanazione del decreto-legge n. 1 del 2015; 
    dispone che le amministrazioni resistenti depositino entro trenta
giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione,  se
anteriore, della presente sentenza  non  definitiva  una  dettagliata
relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a  quanto
gia' rappresentato circa le pregresse  competenze  della  Commissione
censuaria centrale e dell'UNCEM,  quali  sono  stati  in  concreto  i
criteri in base ai quali la classificazione e'  stata  effettuata  e,
quindi, e' stato predisposto l'impugnato elenco dei comuni  italiani,
con  particolare  riferimento   alla   classificazione   dei   Comuni
ricorrenti». 
    3. In esito agli incombenti  istruttori  disposti,  i  ricorrenti
hanno depositato la richiesta tabella, sia pure non comprensiva delle
posizioni di tutti i Comuni (3. In esito agli  incombenti  istruttori
disposti,  i  ricorrenti  hanno  depositato  la   richiesta   tabella
indicando  che,  in   base   alla   classificazione   precedente   al
decreto-legge n. 66 del 2014, erano tutti esenti (il comune di Modica
parzialmente delimitato), mentre  la  classificazione  successiva  al
decreto-legge n. 1 del 2015 li individua  come  parzialmente  montani
(Comuni di Regalbuto, Belpasso,  Santa  Maria  di  Licodia,  Sortino,
Graniti e Gaggi) o non montani  (Comuni  di  Niscemi,  Modica,  Santa
Venerina, Aci Sant'Antonio, Catenanuova e Pietraperzia), per  cui  il
ricorso collettivo e' ammissibile. 
    Parimenti,   per   adempiere   all'incombente   istruttorio,   la
Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento  per  gli  affari
giuridici  e  legislativi,  ha  inviato  la   relazione   predisposta
dall'Istat, il cui contenuto e'  stato  integralmente  condiviso  sia
dalla stessa Presidenza  sia  dal  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze,  reiterando  sostanzialmente  quanto  gia'   in   precedenza
rappresentato.  3.  Le  parti   hanno   adempiuto   agli   incombenti
istruttori. 
    L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato la  dichiarazione
di riserva di appello  ex  art.  103  c.p.a.  avverso  la  richiamata
sentenza non definitiva di questa Sezione n. 10630 del 2015. 
    All'udienza pubblica del 4  novembre  2015,  la  causa  e'  stata
trattenuta per la decisione. 
    4.  Il  Collegio  -  fermo  restando  che,  come  statuito  nella
richiamata sentenza non definitiva n. 10630  del  2015,  l'azione  di
annullamento dell'art. 1 decreto-legge n. 4 del 2015  e  le  relative
censure con cui  e'  stata  proposta  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sono  inammissibili  -  ritiene,  sulla  base  di  una
valutazione  effettuata  d'ufficio,   che   sia   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n.  4,  convertito  in
legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo  2015,  n.  34,  nella
parte in cui, alle lettere a)  e  b),  prevede  l'esenzione  dall'IMU
agricola per i terreni ubicati  nei  comuni  classificati  totalmente
montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti
da coltivatori diretti  e  da  imprenditori  agricoli  professionali)
nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat. 
    4.1 La questione si presenta rilevante ai  fini  della  decisione
della controversia in quanto la  legittimita'  dell'impugnato  elenco
Istat (e delle  conseguenti  tabelle  riportanti  gli  importi  delle
variazioni compensative sulle  risorse  precedentemente  stanziate  a
valere sul Fondo di Solidarieta' Comunale,  sulle  quali  l'eventuale
annullamento dell'elenco Istat sarebbe destinato ad incidere  in  via
caducante) e, quindi, la definizione del presente  giudizio  discende
inevitabilmente dalla risoluzione  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  della  norma  nella  parte  in  cui   determina   che
l'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli situati in  ogni  singolo
comune discende dalla classificazione del  grado  di  montanita'  dei
Comuni stessi contenuta nell'elenco predisposto dall'Istat. 
    4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della  decisione
della controversia, non e' manifestamente infondata  con  riferimento
alla possibile violazione dell'art.  23  Cost.  secondo  cui  nessuna
prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta  se  non  in
base alla legge. 
    La riserva di legge di cui all'art. 23 Cost., gia' prevista nello
Statuto albertino, contiene il principio  classico  delle  democrazie
liberali  «no  taxation  without  representation»  e,  attraverso  la
locuzione «in  base  alla  legge»,  si  configura  come  una  riserva
relativa  e  non  assoluta,  per  cui  la  legge  puo'  non  regolare
integralmente il rapporto tributario, demandando ad un regolamento, o
ad altra fonte subordinata, la disciplina  specifica  degli  elementi
fissati in generale dalla norma primaria. 
    La  problematica  di  maggiore  rilievo,  quindi,   si   concreta
nell'individuazione di quale contenuto minimo la  legge  debba  avere
nel disciplinare la  fattispecie  tributaria  e,  di  tale  contenuto
minino,  e'  stato  ritenuto   essere   elemento   ineliminabile   la
specificazione del presupposto di fatto fonte dell'obbligazione. 
    La Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire come, in  linea
di principio,  non  vi  sia  dubbio  che  le  norme  di  agevolazione
tributaria  siano  anch'esse,  al  pari   delle   norme   impositive,
sottoposte alla riserva relativa di legge di cui  all'art.  23  Cost.
perche' realizzano  un'integrazione  degli  elementi  essenziali  del
tributo (sentenze n. 60 del 2011 e n. 123 del 2010). 
    Ne  consegue  che  i  profili   fondamentali   della   disciplina
agevolativa, cosi' come di quella impositiva, devono essere  regolati
direttamente dalla fonte normativa primaria. 
    Nel caso esaminato nella sentenza n. 60 del 2010, ad esempio, nel
dichiarare infondata la questione di legittimita' costituzionale  con
riferimento  all'art.  23   Cost.,   la   Corte   costituzionale   ha
rappresentato che le norme censurate  hanno  attribuito  alla  Giunta
regionale la possibilita'  di  concedere  agevolazioni  fiscali  «nei
limiti stabiliti annualmente con legge  finanziaria  regionale»,  per
cui, affinche' la riserva di legge sia rispettata, e' necessario  che
il riferimento alla  legge  finanziaria  sia  inteso  nel  senso  che
quest'ultima  non  deve  limitarsi  a   fissare   i   tetti   massimi
dell'importo delle agevolazioni accordate,  ma  deve  determinare  in
modo sufficiente anche le fattispecie di agevolazioni, individuandone
gli elementi  fondamentali,  quali,  tra  gli  altri,  i  presupposti
soggettivi ed oggettivi per usufruire del beneficio. 
    L'art. 1, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4,  come  innanzi
precisato, ha stabilito che, a decorrere dall'anno 2015,  l'esenzione
dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera  h)  del
comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504,
si applica: 
    «a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati,  ubicati
nei comuni classificati totalmente  montani  di  cui  all'elenco  dei
comuni italiani predisposto  dall'Istituto  nazionale  di  statistica
(ISTAT); 
    ... 
    b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti
e condotti dai coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori  agricoli
professionali  ...  ubicati  nei  comuni  classificati   parzialmente
montani di cui allo stesso elenco ISTAT». 
    Di talche', la norma di legge ha fissato il criterio generale per
ottenere l'esenzione dall'IMU, vale a dire l'ubicazione  dei  terreni
agricoli e di quelli non coltivati nei comuni  totalmente  montani  e
l'ubicazione  dei  terreni  agricoli  e  di  quelli  non   coltivati,
posseduti e condotti dai coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori
agricoli  professionali,  nei  comuni  parzialmente  montani,  ma  ha
demandato la classificazione  dei  comuni  come  totalmente  montani,
parzialmente montani o non montani all'Istat, vale a dire  all'elenco
predisposto da tale Istituto. 
    Il presupposto di fatto per l'applicazione  dell'agevolazione  e,
di converso, per l'applicazione dell'imposta, quindi, discende da una
variabile esogena al  dettato  legislativo,  la  classificazione  dei
singoli Comuni nell'elenco predisposto dall'Istat. 
    Il  rispetto  o  meno  della  riserva  relativa  di   legge,   di
conseguenza,  postula   la   verifica   della   natura   del   potere
amministrativo nella formazione del suddetto elenco, nel senso che se
il potere esercitato  e'  vincolato  da  norme  di  legge,  sia  pure
differenti rispetto alla norma di cui all'art. 1 decreto-legge  n.  4
del 2015, il presupposto di  fatto  dell'agevolazione  deve  comunque
ritenersi  stabilito  dalla  legge  con  conseguente   compatibilita'
costituzionale della norma, mentre  se  il  potere  esercitato  nella
predisposizione dell'elenco non e' vincolato  ma  e'  espressione  di
discrezionalita'   amministrativa,   il    presupposto    di    fatto
dell'agevolazione e, di contro, dell'imposizione non  puo'  ritenersi
stabilito    dalla    legge,    con    conseguente    sospetto     di
incostituzionalita' della  norma  attributiva  del  beneficio  e,  in
definitiva, indicativa del perimetro di applicazione dell'imposta. 
    L'Istituto Nazionale di Statistica, nelle proprie  relazioni,  ha
posto in rilievo che  il  legislatore,  nel  richiamare  il  predetto
elenco  dei  Comuni  italiani  pubblicato  sul   sito   istituzionale
dell'Istat, rinvia in  concreto  ad  una  tabella  nella  quale  sono
congiuntamente riportate una pluralita' di  informazioni  sui  comuni
stessi.  In  particolare,  ha  rappresentato  che  alcune  di  queste
informazioni, quali i codici identificativi dei  comuni  italiani,  i
dati relativi alla popolazione legale e alla superficie  territoriale
(di forma censuaria), sono state elaborate dall'Istituto  nell'ambito
dell'attivita' classificatoria di propria competenza, mentre altre, e
in    particolare    quelle     concernenti     la     qualificazione
montana/parzialmente montana/non montana, derivano  invece  da  fonti
diverse che l'Istat si e' limitato a  raccogliere  e  diffondere  sul
proprio sito istituzionale con finalita' informative. 
    L'Istituto ha soggiunto che, ai fini dell'individuazione e  della
classificazione dei territori montani, la legge 25  luglio  1952,  n.
991 assegnava alla  Commissione  censuaria  centrale  il  compito  di
compilare e tenere aggiornato un elenco nel  quale,  in  applicazione
dei criteri stabiliti dagli articoli 1 e  14  della  suddetta  legge,
venivano individuati i territori montani e che,  successivamente,  la
legge 8 giugno 1990, n. 142, ha abrogato gli articoli 1  e  14  della
legge  n.  991  del  1952,  eliminando  di  fatto  il  meccanismo  di
classificazione dei Comuni per «grado di montanita'» da  parte  della
Commissione  censuaria;  tuttavia,  fino  al  2009,  l'attivita'   di
revisione della classificazione e' stata  svolta  dall'UNCEM  (Unione
Nazionale Comuni Comunita' Enti  Montani  ora  confluita  nell'ANCI),
nell'ambito delle attivita' connesse al monitoraggio delle  comunita'
montane. 
    L'Avvocatura generale dello Stato ha parimenti  rilevato,  quanto
alla classificazione per grado di montanita', che la suddivisione dei
comuni  in  «totalmente  montani»,  «parzialmente  montani»  e   «non
montani» non deriva da una classificazione operata dall'Istat, ma  e'
essenzialmente applicativa dell'art. 1 della legge n.  991  del  1952
nonche' dell'art. 14 della stessa legge ed e'  stata  definita  dalla
Commissione censuaria centrale e trasmessa all'Istat  dall'Uncem;  la
difesa erariale ha altresi' sottolineato che, con l'entrata in vigore
della legge n. 142 del 1990, la quale ha abrogato gli articoli 1 e 14
della legge n. 991 del 1952,  sono  state  cancellate  le  norme  che
prevedevano l'aggiornamento della suddetta classificazione. 
    L'art. 1 della  legge  n.  991  del  1952  considerava  territori
montani i  comuni  censuari  situati  per  almeno  l'80%  della  loro
superficie al di sopra di 600 metri di  altitudine  sul  livello  del
mare e quelli nei  quali  il  dislivello  tra  la  quota  altimetrica
inferiore e la superiore del territorio comunale  non  e'  minore  di
seicento metri, sempre che il reddito  imponibile  medio  per  ettaro
fosse  inferiore  a  certe  soglie,  attribuendo   alla   Commissione
censuaria centrale il compito di compilare  e  tenere  aggiornato  un
elenco ed altresi' la facolta'  di  includere  nell'elenco  stesso  i
comuni, o le porzioni di comune, anche non limitrofi ai precedenti, i
quali, pur non trovandosi nelle condizioni anzidette, presentino pari
condizioni economico-agrarie, con particolare riguardo ai comuni gia'
classificati montani nel catasto agrario ed  a  quelli  riconosciuti,
per il loro intero territorio, danneggiati per eventi bellici. 
    Tale articolo e' stato prima sostituito dall'articolo unico della
legge n. 657 del 1957 e successivamente abrogato dall'art.  29  della
legge n. 142 del 1990. 
    Ne consegue che, se durante la vigenza dell'art. 1 della legge n.
991 del 1952 l'elenco  formato  dalla  Commissione  censuaria  poteva
dirsi sostanzialmente vincolato  dalla  norma  di  legge,  una  volta
abrogata tale disposizione, i parametri per la formazione dell'elenco
sono  divenuti  discrezionali  e  se  l'Istat,  o   qualunque   altra
amministrazione  abbia  il  potere  di  incidere   sulla   formazione
dell'elenco  stesso,  ha  deciso  di  mantenere  la   classificazione
effettuata prima dalla Commissione censuaria e dopo dall'Uncem lo  ha
fatto in modo  del  tutto  volontario  e  svincolato  da  un  dettato
legislativo non piu' esistente. 
    In altri termini, con l'entrata in vigore del decreto-legge n.  4
del 2015, il criterio di esenzione dall'IMU agricola e' basato  sulla
classificazione dei comuni di cui all'elenco Istat, sicche', abrogate
gia' nel 1990 le norme del 1952 che  dettavano  i  parametri  per  la
redazione dell'elenco, l'eventuale riferimento agli stessi  parametri
da   parte   dell'amministrazione    competente    costituisce    una
determinazione discrezionale e non  piu'  vincolata  dalla  norma  di
legge. 
    Il Collegio, sulla base di tali considerazioni,  ritiene  che  la
norma di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del  2015,  convertito
in legge, con modificazioni,  dalla  legge  n.  34  del  2015,  possa
rivelarsi violativa della riserva relativa di legge di  cui  all'art.
23  Cost.  nella  parte  in  cui,  alle  lettere  a)  e  b),  prevede
l'esenzione dall'IMU  agricola  per  i  terreni  ubicati  nei  comuni
classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal  caso,
ove posseduti e condotti da coltivatori  diretti  e  da  imprenditori
agricoli professionali) nell'elenco dei comuni  italiani  predisposto
dall'Istat. 
    Infatti, il presupposto di fatto fonte dell'esenzione  tributaria
e' demandato ad una  classificazione  del  grado  di  montanita'  dei
comuni  contenuta  in  un   atto   amministrativo   non   predisposto
nell'attuazione vincolata di  criteri  prefissati  da  una  norma  di
legge, ma frutto di discrezionalita' dell'amministrazione che  redige
l'elenco o,  eventualmente  (anche  se  dagli  atti  del  giudizio  e
nonostante i reiterati incombenti istruttori non risulta chiaro quale
sia  l'autorita'  amministrativa  effettivamente  competente,   fermo
restando,  ovviamente,   che   un'amministrazione   competente   deve
necessariamente esserci),  di  altra  amministrazione  che  abbia  il
potere di incidere sui criteri di formazione dello stesso. 
    5. Il Collegio, diversamente, ritiene  che  siano  manifestamente
infondate le questioni di legittimita'  costituzionale  astrattamente
ipotizzabili con riferimento agli articoli 3, 81 e 119 Cost.  nonche'
quelle relative alla violazione  del  principio  di  irretroattivita'
delle norme. 
    5.1 Nel caso di  specie,  non  viene  in  rilievo  il  canone  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., assurto nella  giurisprudenza
costituzionale a clausola  generale,  anche  quale  limite  immanente
all'esercizio della discrezionalita' del legislatore,  in  quanto  la
questione  di  compatibilita'  costituzionale  della  norma  riguarda
proprio l'assenza di criteri utili a definire il grado di  montanita'
- che in una materia coperta da riserva relativa di legge  dovrebbero
essere necessariamente presenti - e non gia' la presenza  di  criteri
che possano essere reputati irragionevoli o lesivi del  principio  di
uguaglianza. 
    5.2 In relazione agli  articoli  81  e  119  Cost.,  inoltre,  il
Collegio rileva che se e' vero,  ed  in  questo  e'  stato  enucleato
l'interesse al ricorso, che un comune,  precedentemente  classificato
come montano, puo'  essere  leso  dalla  sostituzione  di  un'entrata
certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di
solidarieta' comunale, con un'entrata presunta e  piu'  difficile  da
realizzare immediatamente e per intero, oltre che piu' onerosa per  i
proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non
piu' esentati dal pagamento dell'imposta, quale il gettito  derivante
dal pagamento dell'IMU agricola, e' altrettanto vero che  non  sembra
da  questa  previsione  di  legge  desumersi  alcuna  violazione  dei
precetti costituzionali. 
    In particolare,  non  appare  ravvisabile  alcuna  lesione  delle
prerogative costituzionalmente riconosciute agli enti  locali  atteso
che, come in modo  condivisibile  posto  in  rilievo  dall'Avvocatura
generale dello Stato, il versamento di un tributo ha  ontologicamente
insito un  profilo  di  incertezza  per  cio'  che  riguarda  sia  la
corresponsione  dello   stesso,   dipendente   dalla   volonta'   del
contribuente  o  dall'eventuale  accertamento  del  comune,  sia   la
quantificazione della prestazione che puo'  dar  luogo  ad  errori  o
inesattezze,  per  le  quali  il  comune  e'  comunque  dotato  degli
strumenti adeguati  per  accertare  l'evasione  o  l'inesattezza  dei
versamenti  e  ripristinare  cosi'  la  regolarita'  della  posizione
tributaria. 
    5.3 Per quanto concerne, infine, la  prospettata  violazione  del
principio di irretroattivita', occorre in primo luogo rilevare che la
riduzione delle esenzioni dall'IMU agricola  per  farne  derivare  un
maggior gettito annuo complessivo  e'  stata  prevista  dall'art.  4,
comma  5-bis,  del  decreto-legge  16  del  2012,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, come sostituito  dall'art.
22, comma 2, del  decreto-legge  n.  66  del  2014,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014. 
    Ne consegue che la modifica  del  regime  di  esenzione  dall'IMU
agricola, avente decorrenza dal  periodo  d'imposta  2014,  non  puo'
dirsi abbia effetto retroattivo e, comunque, non puo' ritenersi  leso
il principio  di  affidamento  dei  contribuenti  prima  esentati  in
quanto,  almeno  dal  24  aprile  2014  (data  di  pubblicazione  del
decreto-legge n. 66 del 2014), gli stessi erano in grado di conoscere
che il regime di esenzione sarebbe variato per ricavarne  un  maggior
gettito complessivo annuo. 
    Inoltre, per l'ipotesi in cui un determinato terreno,  esente  in
base alla previsione del decreto interministeriale  del  28  novembre
2014,  sia  invece  assoggettato  all'IMU  agricola  in   base   alla
previsione dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, ai sensi  del
quarto comma 4 dello stesso art. 1, conserva efficacia in  parte  qua
il decreto interministeriale con esclusivo  riferimento  all'anno  di
imposta 2014. 
    A cio' si aggiunga, ad  ogni  buon  conto,  che  fra  i  precetti
costituzionali preposti  all'ordinamento  tributario  non  esiste  il
divieto di retroattivita' delle norme,  come  invece  accade  per  il
diritto penale ai sensi dell'art. 25 Cost. 
    6.  Per  tutte  le  ragioni  sopraesposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  della   controversia   e   non
manifestamente infondata,  per  violazione  dell'art.  23  Cost.,  la
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   1    del
decreto-legge 24  gennaio  2015,  n.  4,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in  cui,
alle lettere a) e b), prevede l'esenzione  dall'IMU  agricola  per  i
terreni  ubicati  nei  comuni  classificati  totalmente   montani   o
parzialmente montani (in  tal  caso,  ove  posseduti  e  condotti  da
coltivatori  diretti  e  da  imprenditori   agricoli   professionali)
nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat, sicche'  deve
essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale
e  la  sospensione  del  giudizio  ai  sensi  dell'art.   134   della
Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948
n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.